Addio John Doe. E grazie di tutto
Sono giorni un po’ tristi per tutti i fan di John Doe. Perché il fumetto creato da Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli è giunto al capolinea con il numero 22 della seconda serie, Addio. E grazie di niente. Tutto ha una fine, si sa. Ma John è stato un compagno di viaggio per così lungo tempo che l’addio risulta molto difficile. Anche perché il nostro protagonista – com’è nel suo stile – è uscito di scena in modo tutt’altro che scontato.
Ma iniziamo dal principio. Siamo nell’ormai lontano giugno 2003 quando nelle edicole italiane esce per l’allora Eura editoriale (oggi Aurea) il numero 1 di John Doe. Il protagonista della serie fa un mestiere molto singolare: è il direttore della Trapassati Inc., l’azienda che gestisce la dipartita degli esseri umani per conto dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse, Entità dalle fattezze umane a loro volta alle dipendenze del Grande Capo e delle misteriose Alte Sfere. Come spiega la seconda di copertina, John Doe è «un gran bastardo», ma tra le sue qualità c’è una ferrea etica del lavoro che lo pone in contrapposizione con il suo capo, Morte, che falsifica la contabilità della Trapassati per organizzare un Giorno del Giudizio in grande stile. Per bloccare questo piano, John trafuga la Falce dell’Olocausto, un potente artefatto che scatena i Cavalieri sulle sue tracce. Dopo una lunga fuga e un’epica battaglia, John sconfigge i suoi avversari e con l’approvazione del Grande Capo prende il posto di Morte come fine di tutte le cose.
La nuova qualifica non sembra cambiare John, che nella Prima Stagione come nelle successive è un donnaiolo incallito, chiede agli amici i sacrifici più estremi per raggiungere i suoi obiettivi, è l’uomo a cui tutti devono un favore. Le sue vicende si svolgono in uno scenario pieno di belle donne, uomini duri, macchine veloci, pistole e katane, ristoranti di lusso e abiti da sera, che creano un mix vincente sospeso a metà tra l’inno alla pop culture e la presa in giro dei valori che la dominano. Come il loro personaggio, gli autori della serie si immergono totalmente in una realtà rispetto alla quale sembrano comunque rimanere al di sopra, giocando spesso e volentieri con i luoghi comuni della vita reale e le regole che stanno alla base del fumetto.
Con il numero 25 della prima serie, dicevamo, prende il via la Seconda Stagione. John è praticamente un semidio, ma deve guardarsi le spalle da suo figlio Mordred, che pare avere poteri paragonabili ai suoi. La serie si evolve quindi progressivamente verso lo scontro tra i due, che avviene nel numero 48: John viene inaspettatamente sconfitto da Mordred, che si auto-elegge nuovo re del mondo. Tornato dalla morte (essendo un’Entità, John non può morire), il golden boy ha però perso la memoria, e si aggira inconsapevole dei suoi poteri in un mondo in cui nessuno più muore da quando – sono passati trent’anni – Mordred ha instaurato il suo dominio. A metà della Terza Stagione i due si scontrano nuovamente dopo che John ha ritrovato i suoi ricordi, ma la battaglia finisce in parità. I due capiscono quindi che il vero nemico comune è il Grande Capo, che dall’inizio della storia si serve di entrambi come pedine per le sue insondabili manovre. Desiderosi di essere padroni del proprio destino, Mordred e John affrontano il Grande Capo, riuscendo ad avere la meglio. Il numero 74 si chiude con una serie di pagine bianche, visto che il mondo non può più esistere senza il dio che lo aveva creato.
Ora è John il padrone del vapore. La Quarta Stagione si apre infatti con il golden boy nelle vesti di un dio impegnato a creare il suo mondo mantenendo i difficili rapporti con i notabili delle misteriose Alte Sfere. Ma succede qualcosa di imprevisto: Eura decide di chiudere la serie al numero 77 invece di rispettare la scadenza prefissata (l’albo numero 100), suscitando l’ira dei fan. Per John sembra non esserci speranza: dove non poté il Grande Capo poté il mercato, o qualche editore poco illuminato. Poi invece la svolta: Eura editoriale chiude e le subentra Aurea, che ben presto annuncia il ritorno in edicola di John Doe. Dopo un numero preparatorio che raccoglie le copertine della prima serie (firmate dallo straordinario Massimo Carnevale, poi degnamente sostituito da Davide De Cubellis), la seconda si pone l’obiettivo di completare il percorso della Quarta Stagione con i 22 numeri mancanti. John ha scoperto di non essere padrone del suo destino nemmeno ora che è un dio, quindi sceglie lo scontro frontale con le Alte Sfere. Ebbene, i sommi burattinai non siamo altro che noi, i suoi lettori, e pur di liberarsi dal giogo cui lo costringiamo affronta i suoi stessi autori. Che ovviamente hanno la matita dalla parte giusta, e lo costringono a un punitivo esilio tra i generi. John vaga rassegnato tra il fantasy, l’horror, la fantascienza, il western e quant’altro per qualche numero, fino a quando decide di dire basta.
E così siamo a oggi, al numero 22 della seconda serie che poi è il centesimo complessivo: attenzione, perché qui iniziano gli spoiler! Quattordici tra i migliori artisti visti all’opera su John Doe firmano le tavole sceneggiate da Recchioni e Bartoli (ma non dimentichiamoci Mauro Uzzeo, che con il suo ingresso alla sceneggiatura ha dato non poco brio alla serie). Diviso amleticamente sul senso delle sue azioni, John decide di farla finita e arriva al nucleo della questione, al confronto finale con i suoi autori. Senza farsi vedere dagli altri, Recchioni allunga clamorosamente a John la chiave della porta d’uscita. Il golden boy oltrepassa così la cosiddetta quarta parete: entrato nel nostro mondo, si ritrova a una convention di fumetti. Incurante delle conseguenze, si presenta a un dibattito su sé stesso e affronta le critiche dei fan. L’esperimento meta-fumettistico da sempre sotterraneo nelle avventure di John Doe arriva al culmine dopo il crescendo della Quarta Stagione: il protagonista chiede ai suoi fan come vorrebbero che fosse, e dopo aver schivato un finale scontato si spinge al limite lasciando quattro pagine bianche a noi lettori. Come vorremmo che finisse John Doe? Sta alla nostra fantasia e ai nostri desideri riempire quello spazio.
È finita. Ora John è una persona comune, può mescolarsi alla gente e fare la fila alla cassa come tutti, finalmente libero artefice del suo destino. Nelle ultime pagine lo raggiunge Pestilenza, uno dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse originali, diventato nel corso del tempo il suo migliore (unico?) amico. Tutto sembra perfetto: il finale è originale e inconsueto, in sintonia con la serie. John ce l’ha fatta, ha vinto, ha oltrepassato la quarta parete per raggiungerci nel mondo reale, liberandosi dal giogo della Alte Sfere per vivere la sua vita. E poi, nelle ultime due pagine, il colpo di scena. Una voce fuori campo minaccia John: «È arrivata la tua fine!».
Molti si sono arrovellati per capire di chi fosse quella voce o se questo colpo di scena fosse uno stratagemma per continuare la serie in futuro. Credendo di aver risolto il rebus, fin da subito avevo pensato che la risposta fosse: niente di tutto questo. Semplicemente, gli autori si sono voluti togliere lo sfizio di inserire un finale aperto, un’ultima provocazione, perché John Doe non può finire con una lacrimuccia o un confortevole senso di malinconia. Ma la cosa mi aveva dato fastidio, ritenevo che quelle due pagine rovinassero un albo altrimenti superbo nella sua concezione quanto nella sua realizzazione. Se fossi un personaggio dei fumetti, probabilmente avrei pensato: «Ti sei confermato fino in fondo il gran bastardo che sei, John Doe».
Poi internet, come spesso accade, è arrivata in mio soccorso. Basta leggere il blog di Roberto Recchioni, infatti, per svelare l’arcano: «La morale è che la quarta parete non può essere abbattuta. Mai. E questo è quanto». Parole molto esplicite con cui finalmente ho capito quel finale così inafferrabile, che altro non voleva fare se non ribadire che John non può essere nulla di diverso da quello che è stato creato per essere, che ha perso la sua battaglia e rimarrà eternamente prigioniero di un fumetto. Perché non può andare diversamente.
Ho iniziato il mio percorso in compagnia di John non subito, ma molto presto nel corso della prima serie. Ho amato la Prima Stagione, mi sono goduto la Seconda e la Quarta, ho mal sopportato la Terza. Ma ognuno ha i suoi gusti, è impensabile che un personaggio o una serie siano come li vogliamo fino in fondo, a meno di non lasciare tutte le tavole bianche per far scrivere a chiunque ciò che preferisce.
Per questo voglio ringraziare sinceramente Lorenzo Bartoli, Roberto Recchioni e tutti coloro che hanno lavorato alla serie in questi anni per le emozioni che ci hanno regalato, per il sentiero sperimentale e spesso arduo dove con coraggio hanno provato a condurci facendoci provare qualcosa di veramente nuovo. E per i personaggi e le storie, che dopotutto sono il punto di partenza e di arrivo per ogni serie a fumetti. A pagina 76 dell’ultimo albo, John risponde così ai suoi fan che gli chiedono di tornare com’era prima: «Non si può fare. Sono cambiato. Voi siete cambiati. Nulla sarà mai più come prima. Siamo andati troppo avanti per tornare indietro… dovete lasciarmi andare». D’accordo John. Addio allora, e grazie di tutto.
Tag: alte sfere, davide de cubellis, editoriale aurea, eura editoriale, john doe, lorenzo bartoli, massimo carnevale, mauro uzzeo, meta-fumetto, roberto recchioni
Dedicato a Laura, che mi ha fatto conoscere JD. Grazie!
Splendido articolo, Luca.
Complimenti. E grazie!
Mauro
Grazie a te Mauro, i tuoi complimenti sono motivo di grande orgoglio. Ho provato a scrivere una recensione ma alla fine non ho potuto evitare toni da addio accorato, perché John Doe e le sue storie hanno significato molto per me.
Proprio per questo, vorrei ringraziarti ulteriormente: il tuo contributo alla serie è stato entusiasmante, in particolare i numeri 3, 7 e 20 mi sono piaciuti davvero molto, li considero tra i migliori di tutta la Quarta Stagione. Grazie!
E così ho conosciuto anche John Doe, cioè: ora ne ho un profilo completo.
Mi viene voglia di leggerlo ma……
chi riesce a mantenere il tuo passo?!?
🙂
Leggere John Doe è assolutamente un’ottima idea, l’unico problema potrebbe essere recuperare la serie completa sul mercato del collezionismo… so che viaggia su quotazioni abbastanza alte.
Mi fa piacere aver dato l’impressione di un resoconto completo, anche se mi permetto di dire che in realtà non è così. Si dice del cinema che non si può descriverlo, bisogna vederlo: lo stesso vale per i fumetti in generale e per John Doe in particolare. Solo immergendosi nelle sue storie si può capire veramente cosa sono davvero, anzi forse non basta neppure una sola lettura per riuscirci (soprattutto se superficiale).
Quanto al mio passo, non so a cosa ti riferisci… se si tratta della lunghezza dell’articolo, chiedo scusa perché effettivamente è un papiro! Se parli invece del ritmo o dell’entusiasmo che emergono da quelle righe, il merito è tutto dell’opera a cui sono dedicate 😉
Luca, ti avevo promesso una mia opinione su questo articolo, il
problema è che a mesi dall’uscita dell’ultimo numero ancora non
ho digerito l’idea! Il mio “ultimo” numero è ancora in bella
vista in camera mia, come faccio di solito, quando prima di
archiviare un numero aspetto il successivo per mantenere viva la
continuity (ognuno ha i suoi riti). E John è ancora lì, mezzo
nudo che mi guarda, mi guarda con quel suo solito sorriso da
golden boy, perché lui la sa sempre più di te, e anche quando non
la sa più di te, è come se fosse così, perché in qualche modo
riesce a trovare il modo giusto di uscirne vittorioso, e tu ne
esci fregato (ma contento).
Perché questo bastardo è il John Doe che abbiamo seguito per anni
e che tu hai già descritto egregiamente, come io non saprei fare
(come pochi saprebbero fare).
Ed è lo stesso John che ho ammirato quando mi ha presentato
Detective Dante apparendo nel n.11 di quel fumetto dedicato al
violento detective dantesco con un titolo cinematografico come
“Arriva John Doe”: lui appariva sullo sfondo della copertina, con
la sua (all’epoca) inseparabile katana e ha portato del mistico
nel mondo di Dante.
Lo stesso John che poi ho odiato per avermi rovinato uno dei
finali più belli che abbia mai trovato in un fumetto. Ha infatti
avuto la bella idea di infilarsi di nuovo nella “vita” di Dante
(n.59 di John Doe), prendendosi il diritto di fare qualcosa che nessuno gli aveva chiesto: decidere il finale della lunga e travagliata storia di Dante.
Perchè John è così, lui ha bisogno di te per esistere, e per farlo deve entrare nella tua vita, e dopo di ciò ti frega sempre come vuole.
Mi fermo qui, perchè il mio è più uno sfogo che un commento. E tanto c’è poco da fare, era ovvio che dopo aver fregato tutti i suoi amici, avrebbe fregato anche noi.
“E’ finito John Doe. Lunga vita a John Doe”
Il tuo commento così appassionato mi ha davvero colpito Eddy, anche perché hai oggettivamente ragione su tutto. John Doe è come quei vecchi amici a cui non riesci a non voler bene, ma che spesso e volentieri ti fanno incazzare come pochi altri.
Al di là del finale, che evidentemente non ha bisogno di ulteriori commenti, anch’io ho un preciso momento in cui John mi ha colpito al cuore. È stato quando ho letto “Un prezzo da pagare” (numero 27, Seconda stagione).
Vedere John uccidere Mia, il suo primo amore e sua unica possibilità di purezza e riscatto, è stata la scintilla che mi ha fatto capire che per lui non c’era alcuna possibilità di redenzione.
Eppure, è stato proprio in quel momento che John mi ha catturato nel suo vortice senza possibilità di ritorno, perché quello è stato il primo albo che ho comprato in edicola e che mi ha fatto decidere di recuperare i precedenti, che prima mi erano stati prestati.
Come a dire che è proprio vero: quel gran bastardo ti conquista esattamente nel momento in cui ti colpisce più basso.
ps: anche io, comunque, rileggo sempre il numero precedente a quello appena acquistato per non perdere il filo! 😉