Luca Rasponi

Giornalista e addetto stampa, scrivo per lavoro e per passione.

8 marzo, parità e cambiamento. Un appello a tutte le donne

8 marzo 2013

Il tema delle donne soldato appassiona molto La Stampa. Oggi infatti il quotidiano torinese ha dedicato la prima pagina alle soldatesse italiane impegnate al fronte, dopo che circa un mese e mezzo fa analogo rilievo era stato concesso alla notizia della parificazione tra donne e uomini nell’esercito Usa (peraltro ripresa da quasi tutti i media nazionali).

L’idea che uomini e donne diventino uguali nella possibilità di uccidere e farsi uccidere al fronte mi ha subito turbato. Era successo leggendo la notizia sugli Stati Uniti qualche settimana fa, e la sensazione è tornata puntualmente oggi, notando che il terzo quotidiano italiano ha scelto di celebrare la Giornata Internazionale della Donna ricordando le nostre soldatesse al fronte.

Senza voler affatto sminuire il ruolo delle forze dell’ordine né il contributo dato ad esse delle donne, ciò che mi aveva fatto riflettere riguarda il concetto stesso di parità. E la domanda è: vale la pena di inseguire la parità a tutti i costi? Perché io non credo nell’utilizzo della violenza come forma di risoluzione dei conflitti, e credo anche che l’affermazione di questo sistema nel corso dei secoli sia da attribuire alla concezione prettamente maschile dei rapporti tra individui, gruppi sociali e nazioni.

Ragion per cui sorge spontanea una seconda domanda: parità significa necessariamente assimilazione a un modello sociale precostituito? Io vedo nelle donne un potenziale motore di cambiamento, in particolare in Italia dove hanno avuto storicamente poco spazio e voce in capitolo per decidere le cose. Proprio per questo mi amareggia constatare che in molte situazioni la società maschilista in cui viviamo le costringe a scegliere strade moralmente discutibili o sbagliate pur di ottenere le stesse prerogative e gli stessi diritti degli uomini.

Con mia sorpresa, il giorno della notizia riguardante l’esercito americano – il 25 gennaio scorso – ho ritrovato le mie stesse riflessioni nel Buongiorno, la rubrica che Massimo Gramellini tiene proprio sulla Stampa (al quotidiano della Fiat va quindi riconosciuta una costruttiva pluralità di voci e opinioni, almeno in questa occasione).

«Non era questo il percorso che noi femministi sognavamo. Noi sognavamo un mondo meno aggressivo, dove fossero le donne a contaminare il modello degli uomini e non viceversa». Con queste parole, Gramellini sintetizzava al meglio il disagio che io condividevo nel vedere la parità tra generi configurarsi come l’adeguamento da parte delle donne a un modello negativo di vita collettiva, ovvero quello basato sulla violenza e sulla guerra.

Si dirà: bisogna prima ottenere una posizione di parità per avere la forza necessaria a cambiare le cose. Giusto. Eppure io rimango convinto che le donne possano e debbano pretendere una parità effettiva, senza passare per forza dalle forche caudine imposte dalla società.

Perché ho questa convinzione massimalista, e apparentemente contraria a ogni logica? Perché penso che cercare la parità senza provare a cambiare le cose sia una falsa vittoria: le donne stesse hanno poco da guadagnare dall’assumere posizioni di rilievo in una società che rimanga ingiusta e fondamentalmente “maschile” nel suo modus vivendi.

C’è inoltre un rischio anche nell’idea, apparentemente lineare, di cambiare le cose un passo alla volta: è il rischio che chi tenta di cambiare la situazione ne venga cambiato a sua volta. Come ci ricorda Nietzsche: «Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te».

Quanto più la posta in gioco è alta, tanto più è fondamentale il contributo di chi ha meno da perdere. Le donne possono essere decisive nel cambiamento cui sta andando incontro la nostra società, che dovrà necessariamente mutare per sopravvivere nei prossimi decenni. E allora dico: ribellatevi! Fate valere la vostra diversità come ricchezza, invece che come limite o motivo di discriminazione.

Questo deve aver pensato Asmaa Mahfouz quando ha registrato il video che potete vedere alla fine del post. Da lei infatti è arrivata – proprio da una donna – la scintilla che ha scatenato le proteste del Cairo nel 2011, cominciate con una manifestazione andata in scena a piazza Tahrir il 25 gennaio, esattamente due anni prima dell’articolo di Gramellini.

Con il suo appello, l’attivista egiziana incitava tutti a partecipare a quella manifestazione, con modi e argomenti che hanno acceso gli animi di tutta la nazione. E lo faceva dalla posizione di debolezza e subalternità sociale in cui tuttora si trovano molte donne nel mondo islamico: sono stati proprio l’autenticità e il coraggio di Asmaa, donna in un Paese in cui nemmeno gli uomini avevano diritti, a dare forza al suo appello.

L’anno scorso da queste pagine avevo fatto partire un augurio, ora voglio lanciare un appello a tutte le donne. Non fermatevi alla parità: provate a cambiare la società. Potete farlo, se come Asmaa scegliete di portare avanti di pari passo la battaglia per i vostri diritti e quella per arrivare ad una società migliore.

Le rivoluzioni della Primavera Araba non sempre hanno portato a un cambiamento radicale della situazione, neanche in Egitto. La strada da fare è ancora lunga, i giochi sono aperti e le battaglie difficili. Di certo però il ruolo delle donne può essere decisivo: basta accorgersi che nelle proprie mani si ha tutto l’occorrente per accendere la scintilla.

Tag: , , , , , , , , , , ,

Commenti

Un commento per 8 marzo, parità e cambiamento. Un appello a tutte le donne

  1. morena scrive:

    Molto molto bello l’articolo, sono pienamente d’acordo su tutto.

    Sono sempre stata una sostenitrice del concetto espresso anche nel tuo articolo che mi limito a riportare, anche perchè non potrei esprimerlo con parole migliori e più semplici: “Fate valere la vostra diversità (e aggiungo OGNI tipo di diversità)come ricchezza, invece che come limite o motivo di discriminazione.

    Tante cose sono cambiate, ma tante dovranno cambiare ancora …. Confido nell'”uomo” (inteso come essere umano, non come genere….. Concedimi la battuta idiota :-))

    Complimentissimi.

    • Luca Rasponi scrive:

      Grazie per il supporto entusiasta… penso che su questi temi si giochino le possibilità di progresso reale per il genere umano e riscatto degli innumerevoli orrori di cui si è macchiato nel corso della sua storia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *