Bologna, frammenti di una strage
Un oggetto cade a terra e si rompe in mille pezzi. I frammenti schizzano ovunque, come schegge impazzite, e quell’oggetto non potrà mai più tornare alla sua forma originaria. Questo è successo alle ore 10.25 del 2 agosto 1980 a Bologna, quando una bomba è esplosa alla stazione centrale spazzando via 85 vite umane.
I frammenti della strage di Bologna, sparsi lontano nel tempo e nello spazio, fanno parte della vita di tutti noi, in modo più o meno visibile o consapevole. Il primo che ho incontrato sulla mia strada lo devo a Luciano Ligabue, che nel film Da zero a dieci (2002) ha provato a «raccontare ciò che succede ai familiari e agli amici di coloro che conoscevano e volevano bene alle vittime di stragi come quella di Bologna, evidenziare il modo in cui anche la loro esistenza prende un corso completamente diverso».
Prima di allora, il mio unico punto di contatto con la strage era stato il racconto dei miei genitori su uno zio, da anni perso di vista, che quel 2 agosto 1980 era appena uscito dalla stazione nell’attimo dello scoppio, salvandosi la vita per pura fortuna. Gli anni di studio a Bologna mi hanno portato, anche in questo caso senza che me ne rendessi conto, nel luogo da cui quei frammenti erano partiti.
Ricordo la curiosità alla prima vista dello squarcio ancora presente nella sala d’attesa, e la commozione nel leggere la targa con i nomi e l’età delle vittime. E ancora l’orologio fermo al momento dell’esplosione, le commemorazioni a cui ancora non sono riuscito a partecipare, il tentativo di capire provando a rimettere insieme quei frammenti.
Lo stesso tentativo che hanno fatto Alex Boschetti e Anna Ciammitti, autori del graphic novel La strage di Bologna, edito da Becco Giallo nel 2006 e recentemente ristampato a colori. Un fumetto in cui c’è tutto, pienamente in grado com’è di trasmettere la forza degli eventi senza trascurare l’attenzione alla complessità dei fatti.
La capacità di sintesi senza semplificazioni e l’efficacia della narrazione da tutti i punti di vista sono senz’altro i meriti principali di questo lavoro, che si presenta con le parole inequivocabili di Sandro Pertini: «Signori, non ho parole. Siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia».
La testimonianza commossa del Presidente della Repubblica di allora, raccolta anche dal GR1, è lo specchio di un’Italia sgomenta di fronte al più grave attentato del dopoguerra, che il processo concluso nel 1995 ha definitivamente attribuito ai neofascisti Giuseppe Valerio Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, fondatori del gruppo terroristico di estrema destra Nar (Nucleri Armati Rivoluzionari).
Conoscere con certezza gli esecutori materiali della strage e gli autori dei tentativi di depistaggio, però, non ha restituito ai familiari delle vittime tutta la verità sulla strage, dal momento che i mandanti restano ancora oscuri. Proprio per questo, l’associazione presieduta da Paolo Bolognesi continua a battersi per fare chiarezza su quanto accaduto, scontrandosi con resistenze e delusioni ancora presenti 35 anni dopo.
Le sentenze, definitive anche se parziali, hanno reso comunque più agevole la narrazione a Boschetti a Ciammiti, che non hanno dovuto affrontare la mole di incartamenti prodotta per le stragi di Milano, Brescia o Ustica. Di conseguenza, il racconto risulta più fluido rispetto ad altri lavori del genere, con una sceneggiatura lineare senza essere banale e tavole che si adattano perfettamente al testo con un tratto semplice ma tutt’altro che piatto, anzi quasi espressionistico.
Con questo stile sobrio ma efficace, seguiamo i frammenti della strage prima e dopo che questa si compia; viviamo insieme a parenti e amici l’angoscia della notizia; assistiamo alla generosità dei bolognesi al momento dei soccorsi e allo sdegno della città durante i funerali; al tentativo di fuga di Mambro e Fioravanti e alla loro cattura; alla connivenza dei servizi segreti italiani corrotti dall P2; all’eliminazione di testimoni e ai tentativi di depistaggio; ai processi e alla ricerca di verità dei familiari delle vittime, che continua tuttora.
Una carrellata di eventi che in un centinaio di pagine potrebbe travolgere, e invece coinvolge, da cui emerge soprattutto la dignità e la forza di Bologna di fronte all’atto insensato e brutale di due assassini allora poco più che ventenni. La città, guidata dal sindaco Renato Zangheri (scomparso pochi giorni fa), aveva subito da qualche settimana la tremenda ferita della strage di Ustica, e il colpo del 2 agosto sarebbe potuto risultare fatale.
Ma Bologna, come canta Francesco Guccini, «sa stare in piedi, per quanto colpita». Come a dire che un oggetto caduto in mille pezzi non può tornare alla sua forma originaria, perché da qualche parte, in profondità, uno squarcio rimane a testimoniare la sofferenza passata e presente. Ma per fortuna la vita va avanti. E Bologna con lei.
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