Luca Rasponi

Giornalista e addetto stampa, scrivo per lavoro e per passione.

Un anno di addii (2/3)

13 gennaio 2012

Pubblicato su

Con il secondo appuntamento della nostra rubrica continuiamo a ricordare gli illustri esponenti del mondo del fumetto che ci hanno lasciato nel corso del 2011. Il nostro viaggio nella memoria ci porta all’autunno, per la precisione al 26 settembre. È il giorno in cui muore Sergio Bonelli, proprietario della casa editrice di fumetti che porta il suo nome nonché creatore di personaggi storici del fumetto italiano, tra cui spiccano Zagor e Mister No.

Sergio Bonelli (classe 1932) è figlio di Gianluigi, creatore del mitico personaggio western Tex Willer, nato nel 1948 e ancora in edicola con le sue avventure mensili. Nel 1941 Gianluigi Bonelli rileva la casa editrice milanese L’Audace, per cui aveva lavorato nel corso degli anni ’30 come sceneggiatore. Sergio eredita la gestione della casa editrice nel 1957 dalla madre Tea, salita al timone nel 1945: il nuovo editore riesce nel corso degli anni a fare dell’azienda di famiglia un punto di riferimento per il fumetto italiano. Nel volume L’Audace Bonelli, dedicato da Repubblica allo storico editore milanese dopo la sua scomparsa, Luca Raffaelli scrive: «Sergio Bonelli è stato il padre spirituale del fumetto italiano, la sua guida, il traghettatore che è riuscito a trasformare una casa editrice a carattere familiare in un grande laboratorio di arte popolare». Niente di più vero, dal momento che sotto la sua guida la casa editrice (che nel frattempo da Cepim ha definitivamente cambiato nome in Sergio Bonelli Editore) sforna personaggi di successo e permette al fumetto di affermarsi ottenendo un seguito sempre più vasto, al punto da guadagnarsi il soprannome di Fabbrica dei Sogni. Tra le testate tuttora pubblicate dalla casa editrice spiccano, oltre all’immortale Tex, i vari Zagor, Martyn Mystère, Dylan Dog e Nathan Never, solo per citare i più noti. Si tratta di eroi con una vita editoriale pluridecennale, il cui successo è determinato tanto dall’attaccamento dei lettori quanto dalla qualità di storie sempre in evoluzione. Fondamentale anche la scelta di formule editoriali innovative per andare incontro alle esigenze economiche e narrative del pubblico: l’attuale “formato Bonelli”, ad esempio, è stato uno dei fattori alla base del successo di Tex, che fino agli anni ’50 usciva in formato striscia senza riuscire a sfondare. L’idea di Sergio di passare a volumi di 96 pagine formato A5 in bianco e nero è la prima grande intuizione portata alla casa editrice, arrivata addirittura quando ancora non ne era alla guida. È una novità degli ultimi anni, invece, l’introduzione delle miniserie come Brad Barron, Greystorm e Gea: collane con un numero limitato di numeri che incoraggiano il lettore all’acquisto proponendo storie di durata ridotta e costo contenuto.

Ma Sergio Bonelli non è stato solo un editore. Anzi, non è stato solo Sergio Bonelli. È infatti con lo pseudonimo di Guido Nolitta (adottato per distinguersi dal padre), che Sergio firma le sue prime avventure a fumetti in veste di sceneggiatore. La consacrazione arriva a soli tre anni dall’esordio, con la creazione di Zagor nel 1961. I fumetti dello Spirito con la Scure mescolano sapientemente avventura, anche sovrannaturale, e umorismo grazie alla contrapposizione tra Zagor, protagonista eroico e coraggioso, e la sua spalla comica Cico (il tandem con due personaggi sarà poi recuperato con grande successo anche da Tiziano Sclavi con l’accoppiata Dylan Dog-Groucho). Il divario tra Tex e Zagor è parallelo a quello tra Gianluigi  e Sergio Bonelli: il primo ha infatti una concezione dura e pura dell’avventura, nella quale l’eroe incorruttibile non deve mai trovarsi in difficoltà per proprie mancanze o errori; il secondo è più problematico e complesso nelle sue sceneggiature, dove c’è spazio anche per riflessione e sentimento pur in una cornice avventurosa e dinamica. Il secondo grande personaggio creato da Guido Nolitta è Jerry Drake, meglio noto come Mister No, aviatore con base a Manaus (Brasile), da dove parte con malcelata riluttanza per le più spericolate missioni. Mister No è il figlio prediletto di Sergio Bonelli, al punto che molti lo ritengono un suo autoritratto in salsa avventurosa: l’editore milanese ne sceneggerà anche l’ultima avventura, arrivata con il numero 379 del dicembre 2006 dopo una lunga saga. Michele Serra ha detto che «Sergio Bonelli è stato uno di quegli italiani per i quali popolare e importante erano sinonimi. Ha gestito il suo piccolo impero di carta con una dedizione formidabile, sentendosi addosso la responsabilità dell’imprenditore verso i suoi dipendenti, dell’impresario verso i suoi artisti e e dell’editore verso il suo pubblico». Ed è per questo che i suoi tanti lettori, aprendo i giornali la mattina del 27 settembre 2011, hanno perso un punto di riferimento: ma anche e soprattutto nell’ora più triste, a Sergio Bonelli non è mancato l’affetto sincero del suo pubblico.

Questo numero della rubrica era pensato come un lungo omaggio a Sergio Bonelli. Ma come sarebbe stato possibile, pur non essendo nello specifico un artista di fumetti, dimenticarsi di Shingō Araki? E allora proviamo a ricordarlo aiutati da questo bell’articolo scritto da Alessandro Montosi per Lo spazio bianco. Il maestro dell’animazione giapponese nato nel 1939 ci ha lasciati il 1° dicembre scorso, poco dopo aver annunciato il suo ritiro dalle scene. Il suo ruolo nella storia dell’animazione del Sol Levante è ben noto a tutti gli appassionati: partito dal manga, nel 1965 esordisce nel mondo degli anime. I due lavori che segnano i suoi inizi, Kimba il leone bianco (1965) e La principessa Zaffiro (1967), lo vedono scontrarsi più volte con Osamu Tezuka, il mangaka autore dei due fumetti dai quali erano tratti gli anime. Lo stile di Araki è infatti libero e in continua evoluzione: una caratteristica che infastidisce Tezuka ma sembra interessare Go Nagai, con il quale la collaborazione è più armoniosa. Araki partecipa infatti con successo all’animazione dei due capolavori del mostro sacro del manga, Devilman (1972) e Ufo Robot Goldrake (1975). L’animatore giapponese tocca probabilmente la vetta più alta della sua carriera con la realizzazione di Lady Oscar (1979), in cui emerge tutta la sua versatilità nel dar vita alle scene più diverse, dal combattimento ai momenti romantici. La partecipazione a due classici di enorme successo come Capitan Harlock (seconda serie, 1982) e I cavalieri dello Zodiaco (1986) è tra le ultime perle di Araki: si narra addirittura che sia stato lui a suggerire a Masami Kurumada, autore del manga Saint Seiya, l’idea dei dodici Cavalieri d’Oro corrispondenti ai segni zodiacali. Con un ritorno sui Cavalieri per completare la serie di Hades e la partecipazione come character designer a Ken il guerriero – La leggenda di Hokuto nel 2006 si è conclusa la strepitosa carriera di un pilastro dell’animazione giapponese, che lascia i suoi fan certamente tristi, ma con una valigia piena di bellissimi ricordi legati ai suoi cartoni animati.

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Commenti

Un commento per Un anno di addii (2/3)

  1. Enrico "Cole" Mambelli scrive:

    mi piace veramente molto questo articolo, stupenda anche la parentesi su Araki!

  2. Luca Rasponi scrive:

    Grazie Enrico! Quando potrò dedicare un numero della rubrica al tuo lavoro d’esordio? I fan scalpitano 🙂

  3. Matteo "thefoolonthehill74"Rossi scrive:

    …ha toccato quasi tutta l’animazione sacra anni 70/80 che si può tradurre nell’infanzia a cartoni dei nati dalla metà anni 70 in poi (io sono un 74). L’unico vero dio del manga.Punto.

  4. Luca Rasponi scrive:

    Effettivamente sì. Ammetto che non lo conoscevo granché essendo un appassionato più di fumetti che non di animazione; ma dopo aver letto la sua biografia, mi sono reso conto che il buon Araki ha messo davvero lo zampino in tutti i successi mondiali dell’animazione giapponese dagli anni ’70 in poi… veramente un mostro sacro!

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